RASSEGNA STAMPA

LA REPUBBLICA - In nome della legge e del diritto da oggi anch´io sono anarchico

Genova, 23 maggio 2010

IN NOME DELLA LEGGE E DEL DIRITTO DA OGGI ANCH´IO SONO ANARCHICO
DON PAOLO FARINELLA

Oggi, per il mondo cattolico è la festa di Pentecoste che in greco significa «cinquanta giorni» dalla Pasqua. Per la Bibbia, a Pasqua, Israele fu liberato dalla schiavitù del faraone e cinquanta giorni dopo a Pentecoste, sul monte Sinai riceve «la Legge» scritta su tavole di pietra perché restasse indelebile nei secoli. La Legge del Sinai non è solo una serie di norme da osservare, ma una identità e una coscienza. Israele arriva al Sinai come una massa di schiavi appena liberati e con la Legge acquista la dignità di popolo. La Legge è lo spartiacque tra gli schiavi e i liberi, perché essa definisce i confini delle pubbliche relazioni tra individui. In questo senso si può dire con San Paolo che la Legge fu data agli Ebrei come «pedagogo» che insegna la mèta alla vita sociale nella pace. Oggi, a Pentecoste, i giusti dovrebbero essere felici perché la Legge con la sua austera solennità è la garanzia del Diritto di ciascun membro del popolo a esprimere se stesso fino al raggiungimento della personale felicità in concorso e mai in contrasto con quella degli altri membri. Il Diritto garantisce, la Legge realizza. In Italia così non è.
Nel momento in cui l´immoralità e la delinquenza dilagano nelle propaggini del governo con gli affari di una cricca a delinquere che emerge ogni giorno più devastante, dobbiamo assistere anche, e gratuitamente, alla gogna di un presidente del consiglio che, terrorizzato del calo di consenso, ha l´improntitudine di autonominarsi moralizzatore della vita politica, minacciando coloro che si sono fatti scoprire, magari «a loro insaputa». Un uomo che ha basato la sua vita sul mercimonio con chiunque gli garantiva consenso; che un tribunale ha dichiarato corruttore di giudici e di testimoni; che sforna leggi per sfuggire alla giustizia, non può ergersi a moralizzatore pubblico perché gli onesti insorgono anche da morti per una ripugnanza senza aggettivi.
Se ciò avviene in Italia, è segno che ormai per questa Italia non c´è più speranza e quindi è bene che affondi nella melma in cui l´ha portato il moralizzatore corrotto.
In questa luce, dopo che la Corte di Appello di Genova ha condannato i poliziotti del G8 e il governo ne irride la sentenza dando ad essi protezione politica, a Genova, si consuma un delitto che passa sotto silenzio perché riguarda un «anarchico, insuscettibile di ravvedimento». Luca, un giovane genovese dichiaratamente anarchico, che conosco personalmente, il giorno 7 giugno verrà tradotto in tribunale dalla Digos per essere sottoposto a «sorveglianza speciale» di fascista memoria, una misura amministrativa senza alcun legame con atti penali o delitti. Non c´è un reato, ma l´essere: è anarchico e in quanto tale è pericoloso e antisociale in omaggio alla Costituzione che dichiara: «Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche» (art.16) e «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (art.21). Come può un semplice funzionario arrogarsi il diritto di calpestare la Suprema Carta? Il pensiero, l´atteggiamento e il radicalismo di Luca possono non essere condivisi, ma egli ha il sacrosanto diritto di essere e di apparire l´anarchico che vuole essere in coscienza e come cittadino che rifiuta lo Stato che non riconosce la libertà di essere se stessi. Gli immigrati commettono un reato per il semplice fatto di esistere in quanto immigrati; gli anarchici sono messi al confino perché riconosciuti colpevoli per il solo fatto di essere quello che sono. Il berlusconismo ha superato il fascismo e ormai a Genova, dove la Corte di Appello ha condannato tutti i responsabili dell´assalto alla scuola Diaz, si stanno facendo le prove generali per instaurare il regime. Da oggi non solo Luca, ma anche il prete è anarchico.